testo e foto di P. Salvagani

Benthochromis tricoti è un Ciclide endemico del Lago Tanganica che, come si deduce dal nome del Genere (condiviso con la specie melanoides), vive in grossi branchi a grandi profondità là dove le coste rocciose scendono a picco verso il fondo. La maggior diffusione è riferita fra i 100 ed i 150 metri e solo nel periodo riproduttivo risale più in superficie verso i 65 metri dove i maschi scelgono un territorio sulle rocce in cui cercano di attirare le femmine per la deposizione delle uova. Presso Cape Mpimbwe Konings ha trovato una popolazione in cui i maschi costruiscono coni di sabbia molto grandi ed alti (com. pers.). Si tratta di un pesce di dimensioni relativamente grandi, il maschio raggiunge una lunghezza totale di circa 20 cm, esclusi i filamenti della pinna caudale, la femmina rimane più piccola ed è color nocciola lucente. Le movenze sono lente ed aggraziate particolarmente in fase di corteggiamento quando il maschio tende al massimo le pinne e spalanca la bocca in un atteggiamento caratteristico molto maestoso. In natura si nutre di plancton, per quel che riguarda la riproduzione si tratta di un incubatore orale di tipo materno. Non sono state ancora descritte varianti geografiche, ma probabilmente esistono. Tra i miei due maschi acquistati presso due differenti importatori (Verduijn, Olanda e MalTaVi, Germania) si notano lievi differenze, in particolare uno ha linee longitudinali un po’ più larghe, 1’altro ha opercoli e pinne più gialli ed il corpo un po’ più tozzo, ma potrebbe trattarsi di semplici differenze individuali. Dopo questa presentazione riferirò la mia esperienza sulla riproduzione in acquario di questo pesce, esperienza per la verità molto limitata e, dunque, incompleta che più che chiarire i vari aspetti suscita interrogativi e la cui pubblicazione può, perciò, apparire prematura, ma la forzata interruzione delle riproduzioni dovuta alla morte dell’unica femmina che portava a termine l’incubazione ha, almeno per il momento, interrotto la possibilità di ulteriori osservazioni. Si consideri inoltre che a tutt’oggi non mi risulta essere stato pubblicato alcunché in proposito, nemmeno sulle più autorevoli riviste specializzate straniere.


Maschio e femmina

La mia esperienza si basa su 5 esemplari, 2 maschi e 3 femmine, allevati in una vasca da 650 litri, i valori chimico fisici del1’acqua sono : pH 8,5; GH 12; GK 9; conducibilità elettrica 350 microSiemens a 18°C; nitriti assenti. Effettuo cambi parziali d’acqua di circa il 20 % ogni settimana aggiungendo un biocondizionatore. Per alcuni mesi ho usato anche i cosiddetti sali del Tanganica secondo la formula di Burnel (vedi bibliografia), ma non notando particolari vantaggi ho lasciato perdere. Nella stessa vasca vivono anche 14 Cyathopharynx furcifer "Burundi" di circa 10 cm ed una coppia di Altolamprologus calvus "Zaire". Tale convivenza si è dimostrata ottimale non esistendo alcuna interazione fra le varie specie. In precedenza avevo dovuto allontanare Cyprichromis leptosoma, Ophtahnothilapia ventralis e O. nasuta per la loro eccessiva vivacità e aggressività nei confronti dei ben più grossi Benthochromis che sono facilmente spaventabili ed assolutamente pacifici, con qualche rara eccezione in fase riproduttiva. La vasca e stata arredata appositamente per i B. tricoti sistemando due grossi ammassi rocciosi alti fino a metà del livello del1’acqua (60 cm) con alla loro sommità una larga pietra quasi piatta di circa 35 cm di diametro. L’alimentazione è costituita principalmente da artemie congelate e cibo in scaglie, in granuli, in pellets e microincapsulato. Una coppia è stata acquistata nel novembre ‘93, 1’altra nel febbraio successivo, la terza femmina mi e stata praticamente donata dall’amico Franco Manes in Marzo.

All’inizio di Aprile i due maschi, ormai completamente sviluppati, iniziarono ad eseguire i primi corteggiamenti e le prime parate ntimidatorie che portarono ad una singolare suddivisione temporale del territorio: un maschio dominava 1’acquario quando le tre lampade al neon erano spente (fino alle ore 13) e 1’altro quando erano accese (fino alle ore 22)! I corteggiamenti da parte del maschio al momento dominante si fecero via via sempre più pressanti finché la sera del 31 Maggio osservai per la prima volta i preparativi dell’accoppiamento. In questo frangente anche la femmina cercava di pulire la superficie di una delle due pietre piatte (cosi come spesso faceva il maschio) poi le si avvicinava con il ventre ed avanzava lentamente e tremolante sfiorandola con il piccolo ovopositore comparso poco prima. Nel frattempo il maschio se ne stava una decina di centimetri più in alto ad osservare la compagna. Purtroppo dovevo assolutamente allontanarmi per cui decisi di spegnere le lampade dell’acquario sperando che 1’accoppiamento riprendesse 1’indomani mattina dopo il mio ritorno. Di fatto la mattina successiva alle 9 tutto era apparentemente ritornato alla normalità, ma quando somministrai del cibo in scaglie ai pesci, vidi che, dopo qualche esitazione, la femmina che la sera prima stava per accoppiarsi, raccolse dalla superficie un grosso fiocco di cibo e con esso, come quasi sempre succede a questi pesci, una grossa bolla d’aria che nel venir espulsa trascinò con sé, fuori dalla bocca, due piccole uova di circa 2 mm di diametro e di color bianco avorio. Dunque la deposizione era effettivamente avvenuta ed il primo passo era stato compiuto, ma ora cominciava la fase più critica, 1’incubazione. Osservando la femmina con le uova nella cavità oro-faringea, mi resi conto che era apprezzabile solo un lievissimo rigonfiamento, per cui si poteva dedurre la presenza delle uova solamente dai frequenti movimenti di apparente masticazione tipici degli incubatori orali. Tali movimenti continuarono nei giorni seguenti rassicurandomi e facendo sempre più crescere in me la certezza che tutto stava filando liscio. Nonostante avessi diradato le somministrazioni di cibo al decimo giorno la femmina espulse con la bolla d’aria che aveva ingoiato col mangime una minuscola larva che mi affanni a recuperare. Riuscii nell’intento e così mi ritrovai di fronte ad un’insolita creatura di circa 6 mm di lunghezza che, di primo acchito, mi ricordò un mostruoso pesce abissale. Infatti era dotata di una grossa testa, di grandi occhi e, soprattutto, di una enorme bocca con mandibola prognata, il tronco e la coda erano invece molto piccoli e, cosa più sorprendente, non c’era alcuna traccia del sacco vitellino. Dunque in soli 10 giorni, a circa 25° C, le scorte alimentari erano state esaurite.

Per recuperare anche gli altri eventuali avannotti dovevo catturare la madre, operazione che risultò estremamente laboriosa, ma alla fine ci riuscii e, come ho sempre fatto con altri incubatori orali, tenendola con una mano immersa in una bacinella contenente dell’acqua dell’acquario, le aprii delicatamente la bocca affinché espellesse gli altri piccoli. Il risultato fu numericamente molto scarso: solo tre larve, ma in assoluto positivo, i Benthochromis si erano pur riprodotti! Certo mi rimase il dubbio che durante la complicata cattura la femmina avesse perso altri piccoli.
Misi i quattro recuperati in una vaschetta galleggiante dotata di aperture protette da una rete a maglie fini affinché 1’acqua circolasse facilmente al suo interno e somministrai naupli di artemia che già parevano troppo grandi per quelle bocche, ma che furono subito ingoiati dagli avannotti che, incapaci di tenersi a mezz’acqua, si muovevano a scatti, a volte anche con movimenti afinalistici di avvitamento, strisciando su un fianco.
Nei giorni successivi tre piccoli morirono non so per quale motivo, ma ho 1’impressione che avessero molte difficoltà a digerire i naupli poiché dopo il pasto 1’addome si svuotava molto lentamente e la respirazione diveniva estremamente affannosa.
Il superstite invece cresceva in maniera sbalorditiva e si trasformava rapidamente fino a diventare, al ventesimo giorno dalla deposizione, del tutto simile alla madre e finalmente in grado di nuotare normalmente, inoltre era già in grado di alimentarsi anche con piccole larve nere di zanzara (Culex sp.) di 3-4 mm di lunghezza. Ad un mese dalla deposizione misurava già 3 cm e a tre mesi 5,5 cm di lunghezza totale. Nel frattempo, il 27 giugno, la stessa femmina depose nuovamente le uova e la temperatura dell’acqua era salita sui 27° C.


avanotto di 3 mesi nato in acquario

Al decimo giorno catturai nuovamente la femmina questa volta furono liberati 5 avannotti un po’ più lunghi (circa 8 mm) e più sviluppati tanto da riuscire, seppur con difficoltà, a nuotare. Anche questa volta 3 piccoli morirono nei primi 3-4 giorni, ma gli altri due si svilupparono rapidamente. Lo stesso giorno in cui prelevai la seconda covata dalla femmina ci fù, purtroppo, la morte di questa. Non mi risulta che in seguito si siano verificati altri accoppiamenti anche se, data la rapidità con cui probabilmente si svolgono e la mancanza di segni evidenti che li precedono o li seguono, non posso escluderlo.

Dunque queste prime osservazioni, nella loro incompletezza, suscitano diversi quesiti al momento, per me, inspiegabili :

  1. Come possono svilupparsi delle larve di 6-8 mm incapaci di nuoto libero eppure già prive del sacco vitellino a 10 giorni dalla deposizione in un pesce che non ha praticamente rapporti con il substrato? Possono forse nutrirsi rimanendo all’interno della cavità oro-faringea dal momento che varie volte sono state catturate femmine che portavano piccoli di 3-4 cm?
  2. Che senso ha una bocca tanto grande in larve incapaci di nuotare e in grado di digerire a fatica persino i naupli di artemia?
  3. Come mai un pesce lungo 16-18 cm genera così poche uova pur così piccole (sempre che sia realmente la regola; ma effettivamente anche all’esame autoptico della femmina ho rilevato un ovaio con gruppetti di pochissime uova in via di maturazione)? Si pensi che anche i Tropheus generano cosi poche uova, ma la loro dimensione e quindi la loro riserva nutritiva e più che doppia rispetto a quelle del Benthochromis.

A queste domande e ai tanti altri aspetti della vita di Benthochromis tricoti rimasti irrisolti, mi auguro possano dare risposta gli appassionati che intendono cimentarsi con questo avvincente Ciclide africano.

 

Bibliografia
Hacard J.P. (1990) Cyathopharynx furcifer ou le reve realise. Revue Française des Cichlidophiles n. 100 p. 12. Juin 1990. Konings A.; Dieckhoff H.W. (1992) Les secrets du Tanganyika pp. 28, 36, 66. Cichlid Press (Ed. française Africa Marseille. France.)
Kruter R. (1991) The giant featherfin. The Cichlid Year Book vol. n. 1 pp. 4-6. Cichlid Press. St. Leon-Rot. Germany.
Pryen P. (1993) Benthochromis tricoti. Revue Française des Cichlidophiles n. 132 pp. 21-23. Oct. 1993.
Smith M. (1993) A misterious visitor from Lake Tanganyika. Tropical Fish Hobbyst pp. 25-30 May 1993. U.S.A.

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