di Livio Leoni

Numerose specie del lago Tanganica esercitano un potente richiamo su alcuni Ciclidofili. Alla pari dei marinai di Ulisse alla mercé del canto delle sirene, gli incauti si lasciano stregare compiendo azioni che definire "poco responsabili" è un eufemismo. Acquistano così esemplari che solo difficilmente possono essere allevati oppure ordinano specie rare, se non uniche, in coppie con tutti i rischi che questo fatto comporta. "Erano così belli", è la dichiarazione più comune che, come in preda al ricordo di un vecchio amore ormai perduto, questi ciclidofili si lasciano scappare. Eppure alla morte dell'ennesima femmina essi si ostinano (ma chi non lo ha mai fatto?) nella ricerca della stessa varietà divenuta ormai introvabile. Anzi spesso succede che, dopo lunga e estenuante attesa, si riesca a recuperare quanto desiderato (forse è vero che il peggior male è esaudire i propri sogni!). Subito dopo l'acquisto dei nuovi esemplari, come per un macabro gioco della sorte, muore quello vecchio. Le specie del genere Petrachromis sono spesso l'oggetto dell'oscuro desiderio di questi "malati", ma potremmo citare, per non far torto a nessuno, anche i generi Cypbotilapia, Tropheus, Xenotilapia, Exochochromis... Il genere Petrochromis risulta di difficile allevamento poiché richiede acquari di notevole volume (oltre i 2000 1 secondo alcune autorevoli testimonianze) data la mole e la notevole aggressività degli esemplari. In natura infatti

Petrochromis è un genere dominante rispetto agli altri che frequentano gli ambienti rocciosi. Alla maggior parte dei ciclidofili allora non rimane altro che dedicarsi alla visione delle stupende foto dei paesaggi naturali, popolati da immense banchi di questi Ciclidi. Altri invece si tuffano nella lettura dei libri con una perseveranza che può essere definita solo con il termine maniacale. Devo confessare che appartenendo a questa seconda categoria (tuttavia non credo di essere il solo: potrei anche indicarvi tanti altri come me all'interno dell'Aie) cerco di dedicarmi alla lettura delle caratteristiche degli habitat naturali, delle specie che li frequentano e delle loro richieste ecolo-giche.

Un curioso aspetto ecologico di recente investigazione scientifica riguarda la dipendenza alimentare che si viene a creare tra Tropheus moori e Petrochromis polyodon. Le due specie pur cibandosi di alghe sfruttano fonti diverse. Tropheus moori infatti si nutre di alghe filamentose, Petrochromis polyodon invece di quelle unicellulari presenti sul substrato roccioso. La capacità di sfruttare con precisione quasi chirurgica un particolare genere di alga deriva dalla diversa conformazione della bocca e della cavità orale, in particolare dalla forma dei denti. I numerosi denti di Petrochromis sono allungati e tricuspidi (con tre piccole protuberanze); quelli di Tropheus invece crescono molto ravvicinati tra loro e sono bicuspidi.

I due diversi tipi di alghe crescono sul medesimo substrato, ma tra essi si crea un rapporto di tipo competitivo. Le alghe unicellulari crescono su quelle filamentose rallentandone la crescita e lo sviluppo. In assenza di predatori (erbivori di qualunque categoria tassonomica) esse porterebbero a morte quelle filamentose. In natura tuttavia, dove esiste una qualunque fonte alimentare, si sono evolute delle specie in grado di sfruttarla. Ecco perciò salire alla ribalta Petrochromis polyodon che si ciba delle alghe unicellulari senza intaccare quelle filamentose. Quest'ultime ricevono luce e nutrienti in abbondanza crescendo a dismisura, ma a loro volta sono limitate dall'azione di foraggiamento di Tropheus moori. Le specie del genere Petrochromis inoltre non si limitano a cibarsi delle alghe unicellulari, ma ingoiano anche i detriti accumulati sulle rocce. Tropheus moori invece non ama alimentarsi su siti di questo tipo e si trova avvantaggiato da questa operazione. In numerose fotografie si può ammirare il meticoloso lavoro di ripulitura compiuto da queste due specie. I massi compresi nel territorio di Petrochormis sono spesso completamente sgombri da materiale detritico e dalle alghe. Nelle nostre vasche domestiche non è possibile assistere a tali relazioni alimentari. Conoscerne l'esistenza, tuttavia, permette una migliore comprensione e, perché no, gestione dell'ecosistema acquario.

BIBLIOGRAFIA

- Konings A. (1998) Tanganyika Cichlids in their naturai habitat. Cichlid Press, Germany.