testo e foto di Leonardo Vignoli  

Il genere Nimbochromis è stato istituito da Eccles e Trewavas nella recente revisione (1989) da loro apportata al gruppo "Haplochromini" divisibile in tre raggruppamenti: 1) Astatotilapia; 2) gli Mbuna; 3) il gruppo Pharyngochromis-Cbetia-Serranochromis, a cui hanno attribuito il rango di Tribù.


Nimbochromis venustus

Nimbochromis polystigma

Nimbochromis appartiene alla terza sottodivisione che comprende, oltre ai generi che ne definiscono il nome, la maggior parte degli Haplochromini descritti nella fondamentale sinossi del 1935 di Trewavas, e una grande quantità di quelli scoperti più recentemente. La revisione del 1989 è di enorme importanza non solo perch é mette ordine nella complessa situazione tassonomica in cui vigevano gli "Haplochromini" del Malawi, ma anche, e forse soprattutto, in quanto propone un criterio univoco per l'identificazione o la classificazione di nuove specie. Basandosi su caratteri morfo-anato-mici classici (forma dei denti faringei, numero delle scaglie sulle linee laterali, etc.) e soprattutto sul melanin pattern, ovvero il disegno caratteristico costituente la livrea di base di femmine e maschi immaturi, i due autori hanno introdotto una serie di caratteri discriminatori non considerati prima, sebbene Voss, (1977) lo avesse già suggerito. La scelta di non affidarsi solo a caratteri morfologici è un'esigenza dovuta alla straordinaria similarità presentata dagli stessi apparati in gruppi tassonomici fratelli, probabile conseguenza di parallelismo. Per delineare situazioni in cui non risultasse sufficiente la sola analisi morfologica comparata, si sono quindi cercati altri parametri di origine ecologica, fisiologica e biochimica, tra cui appunto il modello della livrea. Questo, infatti, pur riflettendo "l'umore" del pesce e variando in relazione a controlli nervosi e ormonali, si dimostra valido elemento caratterizzante, delineando sei melanin patterns di base per i ciclidi del lago Malawi. Il genere Nimbochromis appartiene al pattern "polystigma", unico tra i ciclidi (sinapomorfia peculiare del genere che farebbe supporre un'origine monofiletica delle specie appartenenti), si distingue per la presenza di tre configurazioni longitudinali fisionomiche, siano esse costituite da bande, da serie di macchie regolari o chiazze. Il nome deriva dal latino nimbus e si riferisce alle chiazze scure e più o meno definite che ne caratterizzano il pattern.

I Nimbochromis sono voraci predatori di piccoli pesci, come dimostra la dentatura faringea composta da elementi bicuspidi ben spaziati, con la punta maggiore rivolta in avanti. La specie N. venustus non fa eccezione: è tra le più grandi del genere e raggiunge la lunghezza standard di 185 mm, sebbene la letteratura riporti esemplari anche di 250 mm. Si rinviene comunemente in tutto il lago, nelle zone sabbiose poco profonde ( 10- 18 m ) caratterizzate da dense praterie di Vallisneria. Similmente alla maggior parte dei ciclidi del Malawi il cromodimorfismo è molto accentuato, le femmine e i maschi immaturi presentando una livrea molto simile: su una colorazione di fondo che varia dal sabbia all'argento si osservano disegni marroni scuro che ricordano delle losanghe. Nei maschi adulti e dominanti tuttavia i fianchi si scuriscono, mascherando il pattern originario, risultando di colore uniforme tendente all'ocra o ad un giallo piuttosto spento. La testa con la regione opercolare diviene di un blu molto intenso su cui spicca una banda impari longitudinale giallo dorato che parte dalla fronte attraversando la pinna dorsale per terminare a livello del peduncolo caudale. La descrizione ma più che altro l'osservazione dei maschi nel loro massimo splendore avallano l'impressione che ne ebbe Boulenger (primo autore a descrivere la specie), confermata del resto dalla scelta del nome specifico (dal lat. Venustus = elegante), e compensano chi, come me, non ha resistito alla bellezza di questo ciclide sfidandone la mole non indifferente. L'allevamento in acquario di N. venustus è piuttosto semplice purch é si rispettino poche regole elementari che ne garantiscano il fabbisogno delle esigenze primarie. Per prima cosa, date le dimensioni, il ciclide in questione ha bisogno di molto spazio per cui è consigliata una vasca non al di sotto del metro e settanta per permettere di allevare almeno due maschi che possano risultare dominanti. Sono poi validi i consigli generici per l'allevamento della maggior parte degli incubatori materni del lago Malawi: ogni maschio dovrebbe "disporre" di due o meglio, tre femmine perch é non manifesti la propria aggressività su un singolo individuo. E' opportuno che il gruppetto sia tenuto in vasche di comunità per diminuire l'aggressività intraspecifica: personalmente ho allevato N. venustus sempre in compagnia del congenerico N. livingstonii ottenendo buoni risultati in termini di compatibilita sia intra- che interspecifica. Altre specie citate dalla letteratura come buoni coinquilini sono gli altri rappresentanti del genere ( in tutto sette), ma anche molti Pseudotropheus e Labeotropheus. Come già detto questa specie preda altri suoi simili, per cui è bene porre attenzione alla taglia anche dei suddetti pesci nel momento dell'immissione nell'acquario: ricordo la malaugurata "idea" di un maschio di Haplochromis ismaheli, di ben sette cm !, di saltare nella vasca dei Nimbochromis dalla sua che le era stata provvisoriamente affiancata; neanche il tempo di prendere un retino per cercare un disperato recupero che già una coda spuntava dalle fauci di un maschio di 18 cm. La mia passione per questo pesce, che in realtà abbraccia tutto il genere, è nata nel 1994 quando dsono entrato in possesso dell'Atlante dei pesci d'acqua dolce da acquario del Dr. Axelrod: all'inizio della sezione dei ciclidi africani c' è una foto di uno splendido N. venustus maschio. L'incontro è stato folgorante e da allora ho cominciato a pensare una vasca che potesse ospitare il mio prediletto; cominciai con un duecentosettanta litri per poi arrivare agli attuali quasi quattrocento con una superficie di fondo'di 170x50. Nonostante l'habitat di origine riveli la preferenza del venustus per distese sabbiose, l'arredamento della vasca sarà costituito prevalentemente da substrato roccioso, costituente molti anfratti e disposto in modo che delimiti più territori del numero dei maschi dominanti. Le rocce comunque non dovrebbero superare una certa altezza per permettere che gli individui sfruttino appieno le dimensioni dell'acquario stazionando a mezz'acqua.

Ho comprato nel gennaio 1995 un gruppetto iniziale composto da cinque individui di cinque cm che si sono rivelati essere tre maschi e due femmine, a cui si è aggiunta una femmina già adulta un anno dopo. Dei tre maschi ne sopravvive solo uno a causa di un'infezione di Dactylogyrus, mentre una femmina è morta recentemente. E' interessante notare il comportamento del maschio rimasto: si è accoppiato la prima volta nella vasca più piccola con la femmina che ho introdotto nel gruppo più tardi; poi ha mostrato una notevole predilezione per una delle altre due femmine, tale da accoppiarvisi esclusivamente per più di due anni disinteressandosi dei rimanenti individui di sesso femminile. Solo quando ho tolto momentaneamente la femmina che stava incubando, per fare delle riprese in un'altra vasca, mentre era intenta nell'espletare le cure parentali, il maschio si è accoppiato di nuovo con la prima femmina; tuttavia mostrava una intesa minore con questa, ostentando un'aggressività eccessiva e comunque mai presentata nei confronti dell'altra femmina. Nonostante sia stato descritto ( Staeck e Linke ) che tra i partners non vi sia uno stretto legame, ho constatato che la dominanza del maschio sui restanti individui non era estesa anche nei confronti del partner usuale, con il quale formava quasi un tandem che si alternava nel difendere il territorio anche fuori dal periodo riproduttivo. Pur tuttavia dal momento in cui la femmina iniziava l'incubazione, molto dell'interesse da parte del maschio veniva a mancare anche per la manifesta elusività della femmina, la quale tendeva a restare rifugiata in una delle grotte presenti nella vasca. Penso che tale comportamento, del resto riscontrato anche in N. livingstonii, sia dovuto parzialmente all'abbondanza di spazio e di nascondigli anche se sulla sospetta monogamia del maschio potrebbero essere intervenuti fattori biochimici (per esempio è possibile che essendoci anche una femmina dominante, questa sia in grado di liberare feromoni, o sostanze simili, differentemente dagli individui dello stesso sesso, ma non dominanti, che comunichino al maschio il proprio diverso rango all'interno del gruppo). Proprio a questo proposito, essendo laureando in biologia, mi sono interessato proponendo a dei miei colleghi fisiologi di cercare di isolare l'eventuale feromone; ho trovato però molte difficoltà nell'isolare una sostanza idrosolubile in quantità infinitesimale disciolta in un quantitativo d'acqua, quella di una piccola vasca, in proporzione enorme. Bench é ci siano stati studi sulla comunicazione biochimica dei pesci ancora poco si conosce in questo ambito. Forse sarà proprio un'osservazione fatta da noi acquariofili, magari supportata da qualche nozione e tecnica di fisiologia e biochimica, a creare le premesse per uno studio più approfondito su tale materia.

La riproduzione comunque non presenta particolari problemi e avviene tranquillamente anche nell'acquario di comunità a patto di non sovraffolarlo per garantire una minima "intimità " alla coppia (soprattutto alla femmina incubante. I rituali si possono ascrivere allo stereotipo degli Haplochromini con corteggiamenti e tremolii prolungati. Deposizione e fecondazione avvengono su un sasso piatto e si susseguono in più riprese durante le quali la femmina, dopo aver deposto e raccolto le uova nella cavità orale, accosta la bocca alla regione cloacale del partner ricevendone lo sperma. Il numero di uova deposte per ogni riproduzione varia da individuo a individuo, nelle femmine più grandi raggiungendo le cento unità. Sebbene gli avannotti siano già indipendenti dopo circa tre settimane dalla deposizione delle uova, le cure parentali si protraggono ancora per ulteriori 15-20 giorni. Le larve, dal momento in cui lasciano per la prima volta la bocca materna, date le dimensioni, possono essere già cibate con naupli di artemia e mangime secco.

Per concludere considero Nimbochromis venustus una specie oltremodo robusta, in particolar modo nei riguardi del tasso di nitrati, sebbene ciò non debba invitare chi lo allevasse ad averne meno riguardo. Anzi, per godere appieno della stupenda livrea, è necessaria, oltre ad una buona qualità dell'acqua, anche un'alimentazione varia di base carnivora. Sebbene il venustus sia abbastanza stenofago spesso aggiungo foglie di lattuga, per aiutare i processi digestivi.

Bibliografia:
Eccles, D. & Trewawas, E., 1989. Malawian cichlid fishes: th è classification of some Haplochromine genera. Lake Fish Movies: Herten, 335 pp.

Staeck, W. & Linke, H., 1982 Afrikanische cichliden II. Buntbarsche aus Ostafrika. Melle, Tetra Verlag, 150 pp. ( 2 ° ed. italiana 1994; basata sulla 4 ° ed. tedesca completamente revisionata, del 1993 ).

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