testo Mauro Cozza e Gian Piero Cannata

Nella primavera del 1991 l'amico acquariofilo Rocco Erra, stanco dei continui insuccessi riproduttivi con la specie (le uova pur fecondate venivano regolarmente divorate a qualche ora dalla deposizione) tentò la classica "ultima carta": raccolse delicatamente la foglia su cui erano state per l'ennesima volta deposte centinaia di uova e le isolò in una piccola vaschetta dotata di una debole aerazione. Come ulteriore precauzione immise nell'acqua una imprecisabile dose di blu di metilene. Non sarei qui a scrivere se quel tentativo non fosse riuscito! Le uova si schiusero dopo circa 40h (T 28°) e gli avannotti "orfani" iniziarono a nuotare dopo circa 4/5 giorni. Un maschio di quella prima oserei dire "storica" covata giunse, per errore, nella vasca n° 4 del mio allevamento, insieme ad un gruppo di Pecilidi che Erra mi portò nell'estate '91. Nei mesi successivi Erra mi donò altri 3 esemplari che avevano trascorso in grandi vasche all'aperto la torrida estate.
Il mio maschio si accoppiò con entrambe le femmine nel mio n° 4 ed al secondo tentativo ebbi la grande gioia di assistere alle cure parentali in questa splendida specie. Nacquero almeno trecento avannotti che furono lasciati con i genitori e gli altri due "intrusi" per circa 20 giorni. Le perdite furono quasi nulle e solo gli ultimi giorni si manifestò nei genitori una repulsa verso i figli con conseguenze che sarebbero state tragiche senza l'intervento delle mie due figlie Barbara e Viviana. I genitori furono allontanati con gli intrusi e i piccoli di seconda generazione crebbero tranquillamente fino all'estate '92. Da allora un susseguirsi di covate e generazioni quasi sempre portate a termine "naturalmente". In questa mia introduzione voglio soprattutto mettere in risalto il fatto che se non sempre le coppie sembrano in grado di difendere i piccoli, l'intervento da parte mia si limita a risucchiare con un tubo di gomma (0 1,5 cm) parte della covata, ma non allontano mai i piccoli dalla vasca natale e questo per due motivi:
a) non causo negli avannotti nessuno shock da variazioni di valori chimici e temperatura;
b) non causo e nei genitori quel senso di distacco totale, ma immettendo gli avannotti in un nido parto a maglia fitta, molto spesso uno od entrambi di essi continuano le cure parentali stazionando attorno alla covata "in gabbia"! Anche quando nel corso delle generazioni ho ottenuto esemplari "difficili", ancorché bellissimi, non mi sono mai lasciato intenerire... Chi tra i miei "papilio" non è in grado di far almeno "alzare" i propri figli, come in natura viene eliminato dalla perpetuazione della specie e con tale apparentemente crudele (ma naturalissimo) sistema, posso oggi vantare di possedere nelle mie vasche esemplari dall'istinto recuperato al 100% e 6 splendide generazioni sane di corpo e... di mente!
G.P.C.


Maschio

Femmina

Storia di una tentativo (riuscito.') di rinforzare geneticamente una linea allevata da -questi due appassioanti per molte generazioni. È questo un problema a cui dovremmo prestare sempre attenzione.

Descrizione
Papiliochromis ramirezi appartiene alla famiglia dei Cichlidae, per la precisione fa parte dei cosiddetti "CICLIDI NANI". Ha un corpo tozzo, appiattito sui fianchi. La sua bocca è di piccole dimensioni. Raggiunge una lunghezza massima, nello stadio adulto, di 7 cm. Nel descriverne la colorazione, bisogna dire che questo pesce giustifica decisamente l'etimologia del suo nome: "papilio" significa farfalla e "chromis" colorata. E in condizioni ottimali, infatti, si presenta con una livrea coloratissima, con un colore di fondo verde-azzurro, ove sono presenti iridescenze gialle e rosse. Meravigliose poi sono le macchie nere sul corpo, sulla pinna dorsale e sull'occhio, cerchiato di rosso; le restanti pinne sono trasparenti con puntini azzurri.

Habitat
II Papiliochromis ramirezi proviene dal Sud America. Più precisamente può essere trovato in una zona compresa tra il Venezuela e la Colombia, in corrispondenza del bacino del Rio Orinoco. Le condizioni fisico-chimiche dei fiumi in cui vive prevedono acqua acida, tenera e di colorazione scura, la cui temperatura risulta abbastanza elevata.

Dimorfismo sessuale
Questo aspetto diventa chiaro allo stadio adulto del pesce, mentre è di difficile riconoscimento durante l'accrescimento. Normalmente il maschio ha colori più appariscenti con i primi raggi delle pinne dorsali più allungati. Inoltre, durante il periodo riproduttivo, la femmina ha un ovidotto evidente di colore bianco, mentre la papilla genitale del maschio, anch'essa di colore bianco, risulta molto più piccola.

Alimentazione
L'unico aspetto semplice nell'allevamento di questo stupendo pesce è l'alimentazione. Il Papiliochromis, infatti, in condizioni ottimali, accetta qualsiasi tipo di mangime. In natura dovrebbe prevalere l'aspetto carnivoro, ma in acquario accetta volentieri i mangimi in fiocchi, quelli vegetali, spinaci, ecc. Comunque è sempre bene nutrirli ogni tanto con surgelato e vivo (Artemia, Chironomus, ecc.).

L'acquisto
Da vari mesi allevavo nelle mie vasche esemplari di 'Papiliochromis varietà selvatica, che non mi avevano mai creato problemi, a parte quello dell'abbondanza... Questi esemplari mi erano stati donati dall'amico Gian Piero Cannata nel gennaio 1992 e già un mese dopo si erano riprodotti, dandomi modo di allevare altre due generazioni scaturite da coppie diverse. L'allevamento stava dunque procedendo nel migliore dei modi, ma essendo le coppie da me riprodotte consanguinee, stavo cercando in qualche negozio degli esemplari adatti per "rinsanguare" i miei pesci già così numerosi. Mi imbattei in due esemplari, sicuramente maschi, riconoscibili dal fatto che già all'interno della vasca del negoziante mostravano evidenti segni di una spiccata "territorialità". I due maschi vennero da me immessi in una vasca di quarantena per circa un mese, senza che mostrassero sintomi di malattie.

Ambientamento in acquario
Introdussi i due maschi in un acquario speciale 70x40x40, da me costruito appositamente per questa specie. I valori dell'acqua erano: pH 6, GH 6° e temperatura circa 27°C. Aggiunsi poi a quest'acqua in partenza e per circa un mese estratto di torba per acidificarla ma soprattutto per fornirle quella colorazione scura simile a quella riscontrata in natura.

Riproduzione
Ho introdotto nell'acquario sei femmine nel tentativo di formare almeno due coppie con i due maschi. Dopo due settimane di apparente disinteresse, un maschio mostrava una certa territorialità invitando una delle femmine ad entrare nel territorio da lui delimitato. Nell'altro verso una femmina sollecitava in continuazione il maschio restante, ad interessarsi a lei. A questo punto ho portato il pH definitivamente a 5,5 e la durezza a 4° con temperatura gradualmente aumentata fino a 28°C costanti in ogni punto, aiutato anche dal cavetto sul fondo. Il giorno successivo la coppia già formata aveva scelto una parte d'acquario come territorio proprio, in corrispondenza di un incavo di un tronco di torbiera, cominciando a pulirlo.
Questo evento mi spinse a togliere le femmine rimaste sole dall'acquario, lasciando l'altra "presunta" coppia più nell'intento di usarla come "fattore nemico" che con la speranza di una eventuale deposizione.
Nel frattempo il comportamento della coppia diventava sempre più aggressivo verso gli altri e affiatato verso il rispettivo partner. Il maschio, coadiuvato dalla femmina, aveva scelto due o tre zone dell'acquario oltre al legno di torbiera, una in un anfratto del legno più nascosto e le altre due nella sabbia, scavandola con dolcezza. Bisogna dire che i Papilichromis, a differenza di altri ciclidi, non danneggiano le piante e non muovono la ghiaia con la bocca, ma la sollevano con l'aiuto delle pinne pettorali.
Erano evidenti tutti i "sintomi" di un'imminente deposizione. Ho controllato anche la conduttività dell'-
acqua, ma tutto andava per il meglio perché il misuratore dava 200ms, anche se altre deposizoni si erano svolte con valori di poco superiori a 500ms. Nei giorni seguenti, il maschio, dopo aver accuratamente pulito i luoghi prescelti, controllava il suo territorio aprendo al massimo le pinne, che nel frattempo avevano assunto una colorazione brillantissima, sferrando o simulando decisi attacchi quando l'altra coppia si avvicinava. La femmina, che cominciava intanto ad avere il ventre colorato di rosso scuro, si alternava nelle parate di minaccia con il maschio.

La deposizione
Visto l'intensificarsi dei giochi amorosi e la comparsa nella femmina dell'ovidotto, mi preparai per l'agognata deposizione. Il mattino del 4 ottobre, molto preso, la femmina aveva cominciato a deporre le uova sul primo luogo scelto, descrivendo prima ampi cerchi e riempiendo i vuoti che poi si venivano a creare. Il maschio, al termine di questa operazione, fecondava le uova, che erano circa 150, alcune delle quali opache e quindi non fecondate.
Il maschio e la femmina curavano a turno le uova, alternandosi sulla covata in perfetta sintonia, tant'è che non fu necessario aggiungere una lucetta che simulasse il tramonto.
La schiusa è avvenuta dopo 55 ore dalla deposizione: le uova si erano trasformate in larve grigie che si muovevano impercettibilmente.
Credo che i riproduttori siano stati infastiditi dalle mie "attenzioni", perché il'giorno dopo spostarono tutto nel secondo anfratto del tronco che avevano già pulito. Dopo quattro giorni gli avannotti venivano "accompagnati" dai genitori nelle loro prime nuotatine. A turno la coppia si alternava nel precedere con funzione di difesa e nello stare in mezzo agli avannotti per "suggerire" il comportamento da tenere.
L'allevamento degli avannotti Dopo altri due giorni, certo che l'imprinting ai giovani fosse stato già dato, aspirai con un tubicino circa 70 piccoli lasciandone una trentina alla madre. Il padre si mostro alquanto aggressivo in questa fase, colpendo ripetutamente il tubo fino a venirne aspirato anche lui. Introdussi gli avannotti in una vasca da 20 1 con acqua dell'acquario, continuando a nutrirli con naupli di artemia appena schiusi ed effettuando dei cambi settimanali d'acqua del 15% per tre settimane.
Gradatamente li abituai ad un'acqua con i seguenti valori: pH 6,5, GH 7-8°, temperatura 26,5°C.
La quarta settimana divisi gli avannotti mettendoli in due vasche da 30 1 e continuando a nutrirli con artemia appena schiusa per tre volte al giorno. In conclusione una operazione perfettamente riuscita che mi ha permesso di rinforzare geneticamente i miei pesci e di divertirmi ancora una volta con il nostro bellissimo hobby.

M.C. D

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