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 testo e foto di Uwe Werner

Il Guatemala è il paese più bello che io conosca, non dimenticherò mai i suoi paesaggi emozionanti, la foresta vergine, la terra riarsa dal sole e naturalmente i fiumi ed i laghi costeggiati da vulcani. Ma questo paradiso purtroppo sta morendo, nella foresta non si sentono più urlare le scimmie od i pappagalli cantare, ma solo gli stridii delle motoseghe. Tra la penisola dello Yucatà n a nord e l'istmo di Panama a sud, l'uomo sta distruggendo una regione splendida ed incontaminata. Il primo passo è lo sfruttamento della foresta vergine o, ancora peggio, il suo abbattimento.


Theraps irregularis specie in estinzione

Nandopsia motangeuse

Vieja melanura

Chugo godmanni

Se si sale sulla cima del Tempio del Giaguaro a Tikal, la più grande città Maya a nord di Petè n, si può godere di una vista meravigliosa, una distesa di alberi verdi che arriva fino al mare. Però è solo un'illusione, basta prendere l'aereo per accorgersi che le aree disboscate e già desertificate s'ingrandiscono sempre di più. E se si va a pescare e si attraversa di notte la foresta gli innumerevoli fuochi testimoniano la presenza dell'uomo, condotto là per avidità o disperazione. Infatti le cifre parlano chiaro: la foresta del Pet è n che si estendeva per 34.000kmq (quasi la metà dell'Austria) diminuisce ogni anno di 1000 kmq e se questi sono i dati ufficiali del governo del Guatemala c' è da aspettarsi che il fenomeno sia ancora più disastroso. Lo sfruttamento abusivo si spiega con diverse ragioni. Ci sono i veri e propri ladri di legname che attraversano la frontiera con il Messico per rubare legno pregiato senza rischio di essere disturbati, pare infatti che i soldati guatemaltechi siano d'accordo...

Poi ci sono i poveri, i contadini senza terra che hanno bisogno di campi per nutrire le proprie famiglie. Ogni giorno sono almeno 250 le persone che abbandonano il sudovest del paese, che è densamente popolato, per rifugiarsi nelle regioni della foresta. Qui dissodano il terreno che però darà solo tre o quattro raccolti visto che lo strato fertile è molto sottile (circa 30 cm ) e quindi sono costretti a spostarsi continuamente per poter sopravvivere, continuando l'opera di distruzione. Per ultimo ci sono gli allevamenti di bovini che danno il colpo di grazia alla terra che non ha più possibilità di riprendersi.

I paesaggi montuosi del Guatemala con i vulcani ed i laghi pittoreschi sono tra i più belli del mondo, ma ultimamente inmezzo alle capanne sorgono sempre più complessi residenziali. Infatti il numero di turisti che vanno a passare le vacanze sul lago Atitlà n è aumentato del 1600% negli anni scorsi. E tutti i rifiuti e le acque di scarico arrivano prima o poi al lago, senza prime essere depurate portando l'inquinamento ad un livello critico.Poich è non conosciamo bene la fauna locale non possiamo neanche sapere precisamente come reagiscono le specie che vivono nel lago, o che ci hanno vissuto. Per il lago Amatitlà n che si trova a sud della capitale, e che è molto più piccolo, la situazione è ancora peggiore, infatti si pensa che il lago sia già morto, avvelenato dalle acque di scarico delle industrie, immesse direttamente, senza prima essere depurate. E le responsabili di questi misfatti non sono solo le industrie locali, ma anche europee. Nel 1985 ero là, stupito dallo strano colore blu verde dell' acqua e non volevo credere che gli unici pesci pescati fossero dei Nandopsis managuense, quindi una specie che non appartiene alla fauna originaria del lago.

Ma consideriamo ancora le conseguenze dello sviluppo industriale incontrollato, che nell'America Centrale è lento, ma costante. Sempre nel 1985, mentre pescavamo nel Rio Motagua, un fiume largo circa 400 km, ci accorgemmo di non essere molto lontani dal cantiere di una futura cartiera. Allora il mio amico H. G. Breidhor, che è un industriale e se ne intende, predisse che una sola fabbrica sarebbe bastata ad inquinare tutto il basso corso del fiume, distruggendo alla lunga tutta la vita acquatica fino al Golfo dell'Honduras. L'idea vi fa rabbrividire? Ma c' è dell'altro, gran parte dei veleni e delle sostanze nocive che inquinano le acque tropicali provengono dagli USA e dall'Europa che utilizzano l'America Centrale come discarica a buon mercato,senza preoccuparsi dei rischi ambientali e, di conseguenza, delle popolazioni locali. Il governo del Guatemala si compiace del fatto che gli sono stati offerti 5 milioni e mezzo di tonnellate di ceneri di mercurio, cromo e piombo, materiali altamente tossici, che serviranno comunque a costruire delle strade. A questo proposito una nota dell'ALASEI, un'agenzia di informazione dell'America Latina, deve farci drizzare le orecchie: negli anni passati gli USA si sono sbarazzati di ben 3.655 milioni di tonnellate di rifiuti tossici esportandoli nel resto del continente. E l'acquariofilia è, almeno in minima parte, corresponsabile del degrado ambientale? Non in questo caso, visto che per le specie del Guatemala e dell'America Centrale non esiste un mercato sviluppato e quindi non ci sono esportatori professionisti. La discendenza dei pochi esemplari selvatici, importati da qualche appassionato, basta a soddisfare la domanda di queste specie. Quando l'ittiofauna endemica del Centro America non esisterà più in natura non si potrà dare la colpa agli acquariofili che saranno anzi gli unici ad averla salvaguardata.

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