testo F. Gagliardi

L’importanza dell’illuminazione per un acquario spesso passa in secondo piano, specialmente se nei progetti di chi allestisce la vasca le piante vengono considerate puramente accessorie. Tuttavia anche in questi casi vale la pena di fare alcune considerazioni generali per cercare di rivedere in modo critico l’importanza dell’illuminazione visto che essa influisce sulla fisiologia e sul comportamento dei pesci. Sotto il profilo acquariologico la luce ha una duplice funzione : da un lato, che potremmo definire estetico, ci permette di apprezzare colori e forme degli ospiti dell’acquario in tutto il loro splendore, dall’altro interagisce fortemente con la vita degli organismi che popolano la nostra vasca. Sotto il profilo estetico la scelta della tipologia di illuminazione ed in particolare della potenza e dello spettro luminoso impiegato determina la qualità del risultato finale, la cosiddetta resa cromatica. Si tratta ovviamente di fattori legati al gusto e quindi soggettivi, tuttavia non è raro osservare acquari insufficientemente illuminati o nei quali i colori dei pesci vengono “appiattiti” da lampade a dir poco non adatte. Un esempio: se alleviamo dei pesci con livrea blu metallica (come quelli appartenenti al genere Scieanochromis o Aulonocara) in vasche illuminate da lampade che irradiano una luce molto gialla, la resa cromatica dei nostri pesci sarà assai scarsa, ma se a tali lampade affianchiamo altre con uno spettro più ricco di tonalità blu, l’effetto finale sarà sicuramente di maggiore pregio estetico. Sebbene tali considerazioni siano comunque importanti, non dimentichiamoci che esse non devono essere le uniche, ma la scelta del tipo di illuminazione deve principalmente tentare di offrire le migliori condizioni di vita per piante e pesci.
In tal senso, dal punto di vista dell’ecologia la qualità (lunghezza d’onda o colore), l’intensità e la durata (fotoperiodo) della luce sono notoriamente importanti. Già nel 1600 I. Newton si era accorto che la luce era un fenomeno più complesso di quanto si credesse e grazie ad un celebre esperimento era riuscito a dimostrare questa sua intuizione. Facendo uso di un prisma triangolare di vetro egli osservò come un fascio di luce incidente sul prisma si scomponesse in una striscia luminosa composta in modo continuo da diversi colori (rosso, arancio, giallo, verde, azzurro, blu, violetto) alla quale diede il nome di spettro. Oggi definiamo lo spettro osservato da Newton come spettro visibile ed i sette colori che lo compongono come i colori dell’iride. Risulta utile sapere che ciascun colore identifica un tipo di luce con caratteristiche (lunghezza d’onda e frequenza) ben definite.
La luce della banda violetta è contraddistinta da una corta lunghezza d’onda (450 nm=nanometri) e da un'alta frequenza, caratteristiche opposte possiede la luce della banda rossa posta all’altro estremo dello spettro visibile. Va ricordato inoltre che lo spettro visibile è composto solo dalla porzione di luce che noi percepiamo tra quella che il sole ci fornisce (radiazione solare) composta anche da una banda ultravioletta (convenzionalmente rappresentata a sinistra dello spettro visibile) arrestata dalla fascia di ozono presente negli strati più alti dell’atmosfera e da una banda infrarossa (convenzionalmente rappresentata a destra dello spettro visibile). Sotto il profilo acquariologico la luce visibile è quella che ci interessa maggiormente poiché è quella che viene meno assorbita dall’atmosfera e dalle nuvole e che quindi è in stretta relazione con la vita sulla terra. Infatti le piante verdi per effettuare la fotosintesi clorofilliana assorbono principalmente la luce blu e quella rossa. Purtroppo sott'acqua il tutto si “complica” a causa delle caratteristiche stesse del mezzo liquido. L’acqua infatti è circa 1000 volte più densa dell’aria perciò la penetrazione della luce è molto inferiore (circa 2000 volte meno), inoltre alcune lunghezze d’onda sono assorbite selettivamente con l’aumento della profondità. In particolare in acqua pura le bande corrispondenti all’ultravioletto ed al rosso vengono bloccate nei primi metri, mentre quelle blu e verdi riescono a penetrare a maggiori profondità. Fra tutte le lunghezze d’onda il blu è quella che penetra più in profondità e quindi all’aumentare di questa si spiega perché gli oceani divengano monocromatici (blu). I sali inorganici (cloruro di sodio, solfati etc.) disciolti influiscono relativamente sulle proprietà ottiche dell’acqua e quindi l’attenuazione della luce in oceani, in condizioni di massima limpidezza è quasi identica a quella dell’acqua pura (picco di trasmissione massimo tra 465nm e 575nm). La situazione cambia radicalmente se nell’acqua è presente del fitoplancton (alghe microscopiche che flottano nella colonna d'acqua) e se sono disciolte delle particelle di grande diametro (materia organica particolata e materia organica disciolta), visto che queste aumentano i fenomeni di scattering (cambio di direzione del fascio luminoso), specialmente delle bande ultraviolette ed infrarosse. Quindi in un lago torbido (come il lago Vittoria) o nei pressi della foce di un fiume, sotto i primi metri di acqua, penetrano solo poche radiazioni luminose della banda gialla, di quella arancio e di quella rossa. Risulta chiaro a questo punto come sia possibile classificare le differenti acque naturali a seconda dello spettro luminoso che le caratterizza ed in questo senso basti ricordare che già nel 1976 Jerlov aveva individuato 11 diversi tipi di acque marine! Questa diversità di ambienti luminosi subacquei ha certamente influito nel corso dell’evoluzione a modificare alcune caratteristiche della vista dei pesci. Nell’occhio di un pesce le cellule fotorecettrici sono piene di sostanze fotosensibili dette pigmenti visivi, che riescono a catturare i fotoni di luce assorbendoli. Non a caso i pesci marini non migratori delle grandi profondità, vivendo in ambienti dove la lunghezza d’onda più comune è tra 470 e 490 nm (banda blu), mostrano un picco di assorbimento dei loro pigmenti visivi proprio in questo range. Tuttavia l’ecologia visiva è un campo più complesso di quel che può sembrare ed infatti i pigmenti visivi di pesci di acqua dolce e marina di zone costiere non seguono così strettamente tali regole come fanno le specie dei mari profondi. Sebbene l’associazione osservata nelle specie dei mari profondi sembri quasi un'eccezione, visto l’altissimo grado di correlazione osservato, molti dati confermano comunque tale scoperta in altri gruppi di pesci (Levine e Mac Nichol). Tra questi, il primo gruppo di comodo osservato ha per specie modello il guppy (Poecilia reticulata) ed il Danio malabricus, cioè pesci che vivono in stretta relazione con la superficie dell’acqua . La retina di questi animali è caratterizzati da 3 tipi di pigmenti visivi con picco di assorbimento nel violetto, nel blu-verde e nel giallo-verde. Tuttavia non è solo l'ambiente circostante a condizionare l'acuità visiva dei pesci, ma influiscono pure altri fattori, come è stato rilevato nel guppy: in questo Pecilide la disposizione dei pigmenti è legata pure al suo comportamento. La porzione superiore della retina di questo Pecilide sembra fatta apposta per discriminare i colori e se facciamo attenzione a come un maschio di questa specie cerca di "ammaliare" la relativa femmina, cioè disponendosi davanti ed in basso a lei, si comprende la ragione di tale caratteristica. Infatti l’assumere tale posizione da parte del maschio assicura che la variopinta coda sortisca il suo effetto “ammaliatore” nel migliore dei modi, poiché l'immagine colpirà proprio la zona della retina che come abbiamo accennato prima essere più sensibile ai colori. Un altro gruppo artificioso di pesci che condivide le medesime caratteristiche visive (3 tipi di pigmenti, con picco di sensibilità a lunghezze d’onda maggiori rispetto a guppy e Danio) comprende il Barbus tetrazona e il Cichlasoma longimanus. Similmente ai casi già citati, l’idea principale è che la loro acuità visiva si sia focalizzata sugli spettri luminosi che caratterizzano i luoghi dove ha avuto luogo la loro storia evolutiva; infatti essi vivono in acque con molto materiale organico in sospensione e quindi dove le lunghezze d’onda più corte vanno perse rapidamente.
Un terzo gruppo di comodo di pesci è quello degli ambienti marini non estuarini. In queste condizioni la banda luminosa rossa viene quasi completamente assorbita nei primi metri e quindi la maggioranza delle specie di pesci è estremamente sensibile alla luce blu e verde. A tale tipologia di adattamento all’ambiente possono essere accomunati la grande maggioranza dei ciclidi del lago Tanganyika e Malawi che vivono oltre i primi 25 metri, viste le caratteristiche di tali laghi (acque limpidissime e profonde). Per quanto concerne le caratteristiche del lago Vittoria invece si osserva una situazione radicalmente differente, considerato che tale enorme raccolta d'acqua è contraddistinta da molto materiale organico in sospensione e quindi lo spettro luminoso dominante è di tipo rosso/giallo. Recenti studi scientifici riportano come tra gli Haplochromini il rispetto delle condizioni di illuminazione più prossime a quelle del lago siano un fattore in grado di mantenere l'isolamento riproduttivo tra le moltissime specie esistenti (Galis e Metz, 1998), mentre una luce non adatta non permette a tali ciclidi di riconoscere il conspecifico. Tali autori, al fine di supportare le loro ipotesi hanno impiegato acquari illuminati da lampade con spettro monocromatico differente da quello che caratterizza il lago Vittoria, ottenendo come risultato l'accoppiamento tra specie differenti. Fattore questo che non avveniva se la luce offerta era simile a quella che si rileva sotto il pelo dell'acqua nel Vittoria. Sotto il profilo acquariologico potremmo quindi, sebbene con estrema cautela, affermare che se si forniscono le più idonee condizioni di luce agli Haplochromini è possibile allevare assieme specie affini. Le scoperte a cui si fa riferimento credo possano contribuire a sfatare la credenza che la luce non ha importanza per i pesci e per i ciclidi in particolare, puntando l'attenzione su caratteristiche come l'esatto spettro luminoso che spesso sono sottovalutate. Insomma l'illuminazione non è soltanto indispensabile alle piante per farle crescere ed a noi per gioire dei colori dell'acquario, ma riveste anche dei precisi ruoli nell'espressione del comportamento dei Pesci e di tutti gli abitanti del mondo acquatico.
A questo punto si aprono due distinte problematiche qualora si desideri scegliere un'illuminazione che rispetti maggiormente i bisogni dei nostri pesci: ottenere delle indicazioni sicure ed affidabili sullo spettro luminoso subacqueo dei biotopi di provenienza dei nostri beniamini e tentare di ricreare tali spettri luminosi. Per il primo problema ci vengono in estremo aiuto i filmati e le foto subacquee e chi ha seguito costantemente congressi e pubblicazioni dell'AIC penso possa già essere in possesso di un notevole bagaglio tecnico in merito. Ad esempio dal video di J.C. Nourissat di quest'anno e dalle foto del caro Francesco Zezza si possono ricavare delle interessantissime indicazioni sui ciclidi americani ed africani nel loro ambiente. Una volta raccolti questi dati si può procedere alla ricerca delle lampade che sviluppino lo spettro che ci interessa e per far ciò basta informarsi al momento dell'acquisto, richiedendo le caratteristiche qualitative delle singole lampade. Queste a volte sono riportate sulla stessa confezione, mentre a volte vanno ricercate nei cataloghi, quindi bisogna armarsi di pazienza ed convinzione, poiché per esperienza personale posso affermare che spesso le lampade che cerchiamo sono difficili da trovare oppure il loro impiego è ritenuto dubbio dai rivenditori. Un esempio pratico a questo punto: per tentare di ricreare al meglio l'ambiente luminoso subacqueo di un profondo lago africano come il Malawi, è suggeribile l'impiego di due tubi fluorescenti a luce molto fredda (tipo Osram/11) integrati da un tubo a spettro luminoso blu (tipo le TLD/18 della Philips o le Marine-Glo), che sia in grado di sviluppare picchi con lunghezza d'onda intorno ai 480 nm. Tale miscela luminosa è anche in grado di offrire un ottimo rendimento per la crescita di piante del genere Vallisneria, Cryptocoryne, Nomophila, Anubias, Vescicularia ed Elodea a patto che l'intensità luminosa offerta sia corretta (io cerco di aumentarla sfruttando le comuni parabole riflettenti) e che si impieghi costantemente un fertilizzante rigorosamente a base di ferro chelato. Nel caso si possieda un acquario aperto con illuminazione assicurata da lampade ai vapori di sodio o di mercurio, basta controllare se lo spettro luminoso coincide con quello che riteniamo più idoneo per i nostri inquilini. A questo punto non resta che augurare buon lavoro a chi desidera migliorare le caratteristiche estetiche ed etologiche del proprio acquario.


Bibliografia citata:
Galis F. and J. A. Metz, 1998. Why are there so many cichlids species? Trends in Ecology and Evolution, january, Vol. 13, n°1 (139) p.1-3.
Levine J. S. and Mac Nichol E., 1989?. Color vision in fishes. Scientific American, p. 108-117.