Testo e foto di Marco Ceradini

Oggi avere delle Ophtalmotilapia nel proprio acquario non è così difficile come qualche anno fa, però è sempre di grande soddisfazione vedere i loro colori e soprattutto il loro comportamento. Le Ophtalmotilapia sono Ciclidi endemici del lago Tanganica, la loro taglia si aggira sui 13 cm. per i maschi e 11 cm. per le femmine.
Una delle caratteristiche che le rendono particolari è rappresentata dalle pinne ventrali del maschio che sono molto allungate e terminano con delle piccole palette giallo vivo, che rivestono un ruolo molto importante al momento dell’accoppiamento. La femmina attratta da esse, ritenendole delle uova, cerca di afferrarle per raccoglierle in bocca e invece accoglie il liquido seminale che il maschio in quel momento espelle, realizzandosi così la fecondazione delle uova che già tiene in bocca.


Un’altra curiosa caratteristica di O. ventralis è che mentre in natura la deposizione avviene sulla superficie di una grossa roccia senza l’utilizzo sabbia, in acquario avviene quasi sempre in un nido a forma di cratere costruito nel fondo sabbioso costruito con la bocca dal maschio.
La varietà di cui vi parlerò è denominata “MToto” e proviene dal Congo. La sua colorazione è stato l’elemento scatenante della mia curiosità ed molto affine a quella di O. ventralis “ Mpimbwe” (vedi AIC 2/96) e di O. boops “Nkondwe” (vedi AIC 3/98, pag. 23, foto in basso). Il colore di base di tutti e tre questi pesci è il nero, ciò che varia è l’estensione e la distribuzione della banda bianco-turchese che attraversa il corpo più o meno diagonalmente. Nella ”Mpimbwe” va dal termine del peduncolo caudale fino quasi alla nuca e nella metà anteriore della pinna dorsale, nella O. boops “Nkondwe” (pur con grandissima variabilità individuali, molti sono quasi completamente neri), va dal termine della pinna caudale al centro del corpo, ma la dorsale rimane nera, nella “M’Toto” ci sono entrambe queste caratteristiche.
Non avendo la possibilità di tenere grandissimi acquari, ne ho allestito uno di 350 l. creando una lunga zona rocciosa che ricopre l’intero lato sinistro della vasca per proseguire sul retro e finendo a destra. Sui due lati le rocce arrivano alla superficie dell’acqua mentre nel retro non arrivano che sino a metà dell’altezza della vasca. Inizialmente ritenni giusto lasciare il trio adulto di “Ophtalmo” (che Leonardo P. Denti mi aveva portato nel Giugno 1997 da “Africa” in Francia) da solo considerati lo spazio ridotto e la nota vivacità di questi pesci. Capii, però, quasi subito l’errore visto che dopo quasi due mesi di acclimatazione non comparivano i minimi colori, nonostante il maschio avesse costruito un nido nella sabbia al centro dell’acquario. Con l’intenzione di aumentare la competizione territoriale, non potendomi procurare un altro maschio, decisi allora di aggiungere due coppie di Cyprichromis sp. “tricolor”, una di Neolamprologus leleupi, una di Spathodus marlieri e un maschio di Cyphotilapia frontosa “blu Mpimbwe” di ben 25 cm. che tenevo in un altro acquario.
Questo cambiamento ebbe successo fin da subito: il maschio di O. ventralis cominciò a difendere energicamente il centro della vasca aumentando rapidamente sia i l’intensità della sua colorazione che le dimensioni del nido costruito in precedenza.
Dopo circa una settimana il suo rivale più agguerrito si dimostrò la “Cypho” che pur presidiando la zona rocciosa ottenne il permesso di fare qualche sortita nell’acqua libera.
Le riproduzioni sono state piuttosto scarse visto che solo una femmina porta a termine la “cova” ed ogni volta non nascono più di sei avannotti. Ora a quasi due anni di distanza ho sempre il trio originario più altre tre femmine frutto delle varie riproduzioni.
Ultimamente ho notato una cosa singolare della quale non ho trovato spiegazione neppure sui testi che ho consultato: poco prima e durante gli ultimi accoppiamenti la femmina riproduttrice si dimostra a volte, estremamente aggressiva nei confronti del maschio, tanto da ingaggiare furiosi combattimenti con lunghe prese bocca a bocca, cosa che avviene normalmente solo fra maschi. Il più delle volte è la femmina provocatrice ad avere la peggio, ma è capitato, qualche volta, anche il contrario e il maschio si è dovuto ritirare in buon ordine ammainando gli abituali colori sgargianti e abbandonando sul campo brandelli di pinne!
Per quanto riguarda le condizioni ideali per l’allevamento ossia cambi d’acqua, illuminazione, cibo (mai povero di scorie!) ecc., vi rimando a quanto già detto da Claudio Barberis nel suo articolo su AIC 1/96. Altro interessantissimo materiale di approfondimento sull’argomento è la bellissima videocassetta dello stesso autore distribuita ai soci AIC nel 1995 dedicata in particolare a questi Ciclidi.

 

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